Praticamente, quasi un oggetto smart per abitante: contatori intelligenti, auto connesse e smart building sono i settori più coinvolti dallo sviluppo IoT. Mentre crescono le applicazioni agricoltura e industria 4.0 e le smart city si fanno più concrete. L’Osservatorio Internet of Things ci racconta la trasformazione digitale italiana.
L’emergenza Covid ferma la crescita dell’Internet of Things, che negli ultimi anni era stata molto rapida (+24% nel 2019, +35% nel 2018), ma il mercato italiano regge l’urto della pandemia, segnando nel 2020 una leggera flessione del 3%, in linea con l’andamento registrato nei principali Paesi occidentali, attestandosi su un valore di 6 miliardi di euro.
La spesa si divide equamente fra le applicazioni che sfruttano la “tradizionale” connettività cellulare (3 miliardi, -6%) e quelle che utilizzano altre tecnologie di comunicazione, con altri 3 miliardi, stabili rispetto al 2019. In tutto, in Italia ci sono 93 milioni le connessioni IoT attive, di cui 34 milioni di connessioni cellulari (+10%) e 59 milioni abilitate da altre tecnologie (+15%). Tra queste, emergono le reti Low Power Wide Area (LPWA), che raggiungono per la prima volta un milione di connessioni, crescendo del 100%. Una forte spinta arriva anche dalla componente dei servizi collegati agli oggetti connessi, con un valore di 2,4 miliardi di euro e un +4% che “risale” la correte rispetto all’andamento generale del mercato.
I principali risultati dell’ultimo Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, presentati in aprile dimostrano che la digitalizzazione italiana è tutt’altro che un pensiero astratto.
Le tecnologie del futuro
Il primo segmento del mercato IoT è costituito dallo Smart Metering & Smart Asset Management nelle Utility, con un valore di 1,5 miliardi, il 25% del totale, spinto ancora dagli obblighi normativi. Nel 2020, infatti, sono stati installati altri 2,7 milioni di contatori gas connessi presso utenze domestiche, portando la diffusione al 69% del parco complessivo, e ben 4,8 milioni di smart meter elettrici di seconda generazione, raggiungendo il 50% del totale dei contatori elettrici.
Seguono la Smart Car, con un fatturato di 1,18 miliardi di euro, pari al 20% del mercato e 17,3 milioni di veicoli connessi (il 45% del parco circolante in Italia) e lo Smart Building, che vale 685 milioni di euro, cresce del 2% ed è legato prevalentemente alla videosorveglianza e alla gestione dei consumi energetici.
Uscendo un attimo dai nostri specifici interessi tecnologici, è interessante notare lo sviluppo della smart agricolture – 140 milioni di euro e +17% – e della fabbrica 4.0, con 385 milioni di euro e un +10%. La famigerata smart city “fattura” 560 milioni di euro (+8%) grazie ai progetti avviati dalle amministrazioni comunali e ai primi esempi di collaborazioni pubblico-privato.
I benefici dell’Internet of Things
In definitiva, perché le persone e le aziende adottano soluzioni connesse? Il consumatore può gestire le funzionalità dei prodotti da remoto e accedere a nuovi servizi, come il monitoraggio in tempo reale del proprio stato di salute, la riduzione dei consumi energetici della propria abitazione o la possibilità di sottoscrivere polizze assicurative per la casa che variano in base al suo livello di smartness.
Le imprese che impiegano dispositivi intelligenti riescono invece a ottimizzare i processi. Nella manifattura, ad esempio, i dati provenienti da macchinari connessi (Smart Factory) consentono una migliore gestione delle attività di manutenzione, anticipando il malfunzionamento e riducendo tempi e costi operativi. Le città, infine, possono migliorare la gestione del patrimonio pubblico ed erogare nuovi servizi ai cittadini grazie all’impiego di soluzioni IoT sul proprio territorio.
Insomma, il titolo scelto per il convegno di presentazione della ricerca ci sembra particolarmente opportuno: “L’Internet of Things alla prova dei fatti: il valore c’è, e si vede!” E, con tutta probabilità, si vedrà sempre più.