Il Gruppo italiano dell’AVIXA Women’s Council continua il suo progetto di dare visibilità alle donne professioniste in campo AV in Italia: per conoscere le loro storie professionali e magari ispirarsi a loro.
Abbiamo incontrato Carla Conca, VP Business Manager Senior di Epson, per chiederle di raccontarci la sua esperienza. Ecco la trascrizione dell’intervista, a cura di Chiara Benedettini di Connessioni e Valeria Rapa di AVIXA.
– Parlaci della tua carriera lavorativa: che tipo di formazione hai seguito e come sei arrivata a lavorare in Epson?
Carla Conca – Il mio percorso è stato un po’ particolare: alle superiori ho studiato lingue, poi mi sono iscritta a scienze dell’informazione e ho iniziato a lavorare come programmatrice. Ho lavorato per sei anni in ambito software, fino a diventare analista di sistema. Poi un amico mi ha detto che in Epson cercavano una persona che si occupasse del supporto tecnico dei prodotti: mi ero un po’ stufata del software perché mi portava ad essere isolata a lungo e avevo bisogno di contatto. Ho fatto il colloquio e ormai lavoro qui da 33 anni. Ho iniziato come Product Manager fino ad arrivare a Business Manager Senior della divisione videoproiettori.
– In cosa consiste il tuo lavoro?
CC – Il ruolo del Business Manager in Epson Italia è essere un trait d’union, il punto di contatto tra la periferia e il centro. Mi occupo di “tradurre” le richieste del quartier generale al nostro ufficio italiano, riportare le richieste di Epson Italia e, in senso inverso, fare in modo che il nostro quartier generale le ascolti e possibilmente le soddisfi. In tutto questo rientra tantissimo lavoro di analisi, progettazione e comunicazione. Lavoro anche a stretto contatto con il marketing e, recentemente, forse complice anche il periodo del Covid, nel mio lavoro è aumentata moltissimo la parte di analisi dei dati. In questo senso mi è tornato molto utile il mio passato di programmazione e analisi.
– Essere una donna ha mai fatto la differenza nel tuo lavoro, in senso positivo o eventualmente anche in senso negativo?
CC – Quando ho cominciato a lavorare, alla fine degli anni ’80, il mio ruolo era un po’ insolito, perché le donne nei ruoli tecnici erano ancora abbastanza rare. Si faticava di più a costruirsi un livello appropriato di credibilità – è capitato che rispondessi al telefono e mi prendessero per la segretaria -, ma oltre a questo non ho avuto particolari difficoltà. Anzi, spesso i colleghi uomini mi hanno trattato con la giusta attenzione, ad esempio in relazione al fatto che si lavorasse con macchine pesanti anche 70-80 kg.
Sicuramente è più difficile ottenere il riconoscimento del proprio ruolo, sia internamente sia esternamente, ma si riesce comunque a costruire una buona reputazione e credibilità. Ho visto dei cambiamenti in meglio, in questi anni, anche da parte del quartier generale in Giappone, Paese nel quale storicamente le donne sono relegate a ruoli inferiori. Ultimamente le cose stanno cambiando e la nostra azienda si è dimostrata molto attenta al gender balance.
Ho avuto la fortuna, inoltre, di avere al mio fianco diverse persone che sono state per me fondamentali nel mio percorso di crescita in azienda: sono grata per tutto ciò che mi hanno trasmesso, non solo dal punto di vista tecnico, anche per tutta una serie di piccoli trucchi ed escamotage che non si trovano sui libri e si imparano solo con l’esperienza sul campo.
– Durante la tua carriera c’è stato un momento di particolare soddisfazione che ricordi con piacere, non necessariamente un gran riconoscimento, ma qualcosa di importante per te?
CC – È accaduto diversi anni fa: alla fine di una conferenza stampa per il lancio di nuovi prodotti un giornalista, uomo, ben noto nell’ambiente, abbastanza maturo, è venuto a farmi i complimenti dicendomi che ero stata molto chiara e che trasmettevo un grande entusiasmo verso il prodotto. Questo mi ha fatto molto piacere perché la tecnologia mi affascina, mi capita di entusiasmarmi davvero per i prodotti più innovativi, e mi ha fatto piacere essere riuscita a trasmettere questa mia passione. Più recentemente ho vissuto un momento di soddisfazione personale quando ho deciso di fare qualcosa di diverso e mi sono laureata in Scienze della Comunicazione, in pieno periodo Covid.
– Ci sono stati anche momenti di difficoltà, che magari hanno portato a un momento di riflessione e ri-partenza?
CC – Non molti anni fa abbiamo vissuto una grossa modifica interna nelle divisioni e di alcuni ruoli a livello aziendale, compreso il mio, e inizialmente questo mi ha destabilizzata. Poi però ci ho riflettuto e mi sono resa conto che avrebbe potuto trattarsi di un momento di crescita e arricchimento. Ed è andata proprio così: quello che era stato un momento di crisi e di messa in discussione si è rivelato un’occasione di crescita importante, di contatto con altre persone e con diverse esperienze e nuovi mercati, da cui è nato anche un grande affiatamento di squadra. In fondo, il nostro settore è sempre in continua evoluzione, ma questo non mi spaventa, anzi! Rende il lavoro più interessante, mi fa più paura fermarmi e restare fissa nello stesso posto piuttosto che imparare cose nuove e mettermi in gioco.
– Cosa racconteresti del tuo lavoro e del tuo settore a una ragazza che voglia cominciare adesso a lavorare in quest’ambito?
CC – È vero che si tratta di un settore ancora molto maschile, ma nella mia esperienza ho sempre avuto a che fare con uomini diretti, aperti e collaborativi, oltre che molto rispettosi.
Le caratteristiche e le doti vincenti di un Product Manager?
Problem solving, curiosità, predisposizione all’analisi dei dati e buona conoscenza dell’inglese.