Un ragionamento sull\u2019evoluzione del concetto di Smart City, dove tecnologia si ibrida con i fattori umani, culturali e sociali. Con la firma di Carlo Ratti.<\/strong><\/p>\n Abbiamo capito meglio chi fosse Carlo Ratti quando lo abbiamo ascoltato nel suo intervento sugli scenari delle citt\u00e0 del futuro, durante il key note di ISE 2016: architetto e ingegnere, fondatore del Senseable City Lab<\/em> del MIT di Boston e, naturalmente, del suo studio Carlo Ratti Associati, con cui sviluppa progetti urbani a tutte le latitudini del globo.<\/p>\n Ratti ha da poco pubblicato Urbanit\u00e0. Un viaggio in 14 citt\u00e0<\/em>, un libro nel quale, attraverso varie metropoli, parla dell\u2019idea di citt\u00e0, anzi di idee di citt\u00e0. Infatti, occorre allargare la visione a nuovi elementi: la tecnologia \u00e8 ovviamente tra gli strumenti primari, ma non \u00e8 l\u2019unica, e va legata alla lettura del contesto specifico, al fattore umano, alle mutazioni storiche e sociali. Smart City s\u00ec, ma con una elasticit\u00e0 e apertura al mix tra tecnologia e \u201cfattori umani\u201d per intervenire in maniera specifica.<\/p>\n A Milano ad esempio si sta lavorando molto sull\u2019idea di integrazione tra natura e tessuto urbano, e sul portare la natura dove prima non era presente: il Bosco verticale \u00e8 il primo esempio, seguito dal progetto Forestami del Politecnico di Milano con Fondazione Falck e FS Sistemi Urbani, che considera la natura come parte strutturale degli ambienti urbani e prevede, dopo un censimento e valorizzazione del verde esistente, la messa a dimora di tre milioni di alberi. Per tornare all\u2019idea che natura e tecnologia non sono elementi in contrasto ma che si potenziano vicendevolmente.<\/p>\n